Le recenti stime della Commissione europea prevedono nel 2018 una crescita media della UE (a 28) pari al 2,1%, in linea con i paesi dell’area euro. Ma è da sottolineare che le stime relative a Italia, Germania e Francia sono attualmente al di sotto di questa media. E quali sono invece i paesi virtuosi, che contribuiranno ad alzare la media?

Di questi alcuni, Irlanda e Malta, cresceranno oltre il 5%; altri paesi dell’ Est Europa entrati a far parte dell’UE nel 2004, quali Polonia (+4,6%), Slovenia (+4,4%), Slovacchia (+3,9%) e Ungheria (+4%), o nel 2007 come la Bulgaria (4,0%) e la Romania (4,1%).

Mappa-paesi-Est-Europa-crescita-in-UEIn realtà confrontare le performance di economie avanzate con quelle di Paesi emergenti non avrebbe molto senso. Ma innanzitutto è da notare che paesi quali Slovenia e Slovacchia, ad esempio, sono caratterizzati da un sistema economico avanzato e moderno, quindi sono tutto forchè economie arretrate.
Inoltre è utile iniziare a valutare in maniera più approfondita quale sia il trend delle economie dell’ Est Europa, anche per comprendere quali sono i frutti di questo processo europeo di convergenza.
Un recente studio realizzato da Piotr Żuk e Li Savelin offre, proprio in questo senso, molti spunti di riflessione. Lo studio prende come riferimento Paesi dell’Europa suddividendoli nelle seguenti aree: Europa centrale, orientale e sud-orientale; ulteriore suddivisione riguarda gli appartenenti all’UE e alla moneta unica, alla sola UE o esterni (Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovenia, Slovacchia, Albania, Bosnia ed Erzegovina, Macedonia, Serbia, Montenegro e Kosovo, collettivamente “Gruppo CESEE”).

Un gruppo eterogeneo, con notevoli differenze al suo interno, che si rilevano in particolare fra Stati Membri ed esterni…

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…ma tutti sono accumunati da un importante livello di crescita nel periodo 2000-2016.

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Alcuni di questi paesi dell’ Est Europa, già facenti parte della UE, sono su un trend che gli consentirebbe di raggiungere in pochi anni o decenni il Pil pro capite medio dell’Unione europea.
Questi dati manifestano progressi che possono sembrarci quasi incredibili proprio perché, da italiani, siamo abituati a vedere gli stati di quest’area come paesi ancora lontani ed inferiori rispetto al nostro livello di benessere economico ed ancora molto arretrati. E invece la loro veloce crescita economica, ancor più se confrontata con il continuo arretramento di un’Italia che non cresce, ci mette dinnanzi alla cruda realtà: il nostro standard di vita sarà presto raggiunto e superato da questi paesi.

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Per fare un quadro della situazione alla quale stiamo assistendo, è sufficiente osservare come paesi come paesi dell’ Est Europa quali la Polonia o la Lettonia che avevano, all’ingresso nell’UE, un Pil pro capite –in percentuale rispetto alla media UE a 28- pari, rispettivamente, al 51,2% e 48,3%, nel 2016 sono arrivati al 71,6% e 65,3%.
Ma cos’ha consentito l’inizio del trend di crescita del Gruppo CESEE?
Prima del 2000, ovviamente, molti Paesi appartenenti a questo Gruppo hanno vissuto lo shock causato dal crollo dell’Unione Sovietica e, di conseguenza, dall’apertura al mercato.
Nel periodo che stiamo analizzando, invece, secondo gli autori di questo studio, ad incidere principalmente è stata la produttività totale dei fattori (“TFP”).

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Notiamo che i Paesi con il migliore trend in termini di convergenza delle condizioni economiche si sono caratterizzati per:

  • Miglioramento della qualità delle istituzioni (con effetti positivi determinati dall’ingresso nell’Unione europea);
  • Riallocazione della forza lavoro dall’agricoltura ed altri settori a basso valore aggiunto ad altri settori maggiormente produttivi;
  • Maggiore competitività e crescita delle esportazioni;
  • Favorevoli condizioni demografiche;
  • Crescita del capitale umano e investimenti.

I risultati raggiunti dai paesi dell’ Est Europa dimostrano che la riduzione dei divari è possibile, nonostante le condizioni di partenza ed i dati macroeconomici di questi paesi possano apparire scoraggianti.
Analizzando in dettaglio e considerando la dimensione regionale vediamo che alcune regioni del Gruppo CESEE stanno avendo risultati migliori rispetto ad alcune regioni italiane o spagnole. Ma anche il Gruppo deve fare i conti, al proprio interno, con situazioni di ampio divario in termini di sviluppo.

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Ad esempio tra il Pil per abitante (dati 2015) della più ricca regione polacca e la più povera vi è una differenza di 18 mila euro e il risultato è simile con l’Ungheria (17.900 euro). IL gap è poi ancor più alto se analizziamo economie più mature, come Slovacchia (38.800 euro) e Repubblica Ceca (32.600 euro).
Come noto, il problema dei divari regionali interessa anche l’Italia ed altre economie avanzate. Ecco perché analizzare le differenze di performance all’interno degli Stati Membri e comprenderne le ragioni ed i possibili rimedi sarà sempre più importante per il processo europeo di convergenza a livello nazionale.